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Turismo Rosso tra ideologia comunista e consumismo

Aggiornamento: 19 feb 2021

di Valentina Mognoni


Il turismo rosso è uno dei fenomeni che spiega efficacemente il cambiamento e l’evoluzione della Cina degli ultimi 15 anni. È un progetto politico ed educativo, ma anche economico e ricreativo; il turismo rosso funge da motore di sviluppo economico per le aree rurali, ma mira anche a rinvigorire la lealtà verso l’ideologia del Partito, negli ultimi anni un po’ affievolita dalla corsa verso l’arricchimento personale.


Il turismo è, per definizione, caratterizzato da elementi economici e culturali e presuppone la libertà di movimento di capitali e persone fisiche. Per tali motivi, le attività turistiche sono considerate la quintessenza del liberalismo e l’incarnazione del consumismo capitalista. Tuttavia, ne vengono troppo spesso sottovalutate le sfaccettature politiche del turismo.  Le molteplici attività e servizi che ricadono dentro a ciò che è chiamato “turismo”, sono mossi da grandi abilità politiche, ordinamenti, legislazioni e importanti accordi internazionali e domestici con attori privati e pubblici.

 

Nel caso della Repubblica Popolare Cinese, il turismo, completamente negato e proibito durante gli anni di Mao, ha gradualmente ricoperto un ruolo di crescente rilevanza all’interno dell’operato politico del Partito Comunista Cinese (PCC). Dal 1978 al 2013 sono stati emessi più di 200 documenti legislativi per regolare le attività e i servizi correlati al turismo, sottolineando l’importanza del settore come forza motrice per lo sviluppo. 


In particolare si parla di “turismo rosso” (红色旅游 hóngsè lǚyóu), ovvero quell’insieme di “pellegrinaggi politici” in località di importanza storica per il PCC e per il recente passato rivoluzionario: il “turismo rosso” è insieme politica, educazione, cultura e svago. Questa forma di turismo è unicamente cinese, ufficialmente inaugurata nel 2004 con la creazione di un piano di sviluppo in cui vennero specificati valori, finalità e strategie, ma anche risorse disponibili e aree preferenziali. Ad oggi sono state selezionate ed incluse 12 regioni, 30 percorsi e circa 100 punti panoramici.


Nella pratica, il turismo rosso consiste in visite a luoghi di nascita di leader del PCC, a rovine, edifici e campi di battaglia che riflettono lo spirito patriottico e rivoluzionario della lunga marcia e della guerra di liberazione. Questi “siti” sono specificatamente scelti e imbevuti di significati specifici cosicché nel momento della interazione con il visitatore creino un legame vivo con il recente passato e una riaffermazione dello spirito nazionalistico. L’obiettivo principale è creare consapevolezza del passato di oppressione a seguito dell’invasione delle potenze occidentali e promuovere la storia del PCC dalla sua fondazione nel 1921, fino alla proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. In questa sua componente educativa, il turismo rosso si rivolge soprattutto a giovani e studenti, offrendo vantaggiosi sconti per trasporti, alloggio e biglietti d’ingresso.


Il turismo rosso è anche un forte motore di sviluppo economico in quanto la maggior parte dei siti annoverati all’interno del patrimonio culturale “rosso” si trova nelle aree rurali più povere e meno accessibili del paese. Nel 2005 è stato creato un fondo speciale per la costruzione di infrastrutture per agevolare i flussi di “turismo rosso”. I fondi sono stati impegnati per la costruzione di centrali elettriche, acquedotti, ferrovie e strade, contribuendo così allo sviluppo delle zone rurali e generando profitti per le comunità locali. 


Il “turismo rosso”, un ossimoro nella sua denominazione, unisce due potenti elementi chiave del linguaggio culturale della Cina contemporanea. Da un lato “rosso” rappresenta l’ideologia comunista, la disciplina, il rigore e la lealtà verso un moderno passato di liberazione e sacrifici; dall’altro, “turismo” rappresenta la continua avanzata del capitalismo nella società cinese. In quest’ottica, il turismo rosso si pone come “prodotto” e “produttore”. È “prodotto” in quanto rappresentato da spazi fisici, dai siti, dai musei, ma anche dagli spazi astratti di memoria collettiva, ideologia e nostalgia per il passato rivoluzionario. Tuttavia è anche “produttore” di una serie di sistemi, tangibili ed astratti, frutto di meccanismi che uniscono  l’ideologia dominante ad un modo di produzione capitalistica. 


Il “turismo rosso” è funzionale al fine principale del governo cinese preservare l’identità comunista nel continuo sforzo di sviluppare “un modello socialista con caratteristiche cinesi”. Esemplare è la dicotomia della figura di Mao: fondatore del Paese, figura indiscussa e quasi sacra, personificazione dell’ideologia cinese, ma anche “simbolo mercificato” nel nome del profitto.

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